Quando si parla di demenza si intende di solito descrivere una realtà in cui il funzionamento mentale di chi ne è colpito è diminuito, generalmente associato all’avanzata età, e che comporta problemi di memoria e deficit cognitivi legati ad aree quali il linguaggio (evocazione/produzione), l’orientamento temporale e spaziale e le abilità di calcolo (discalculia).

Il deficit di memoria è di solito relativo agli eventi recenti con una componente minore riferita all’oblio di eventi del passato. In generale nelle fasi avanzate, il declino porta a condizioni così gravi da compromettere le capacità della persona malata di lavorare e di mantenere normali relazioni sociali.

Quando si parla di demenza di Alzheimer,in media l’evoluzione della malattia dura dai cinque ai dieci anni. All’inizio la persona malata necessita di aiuto puntuale solo per gestire le attività più complesse. A poco a poco però diventa sempre più bisognosa di aiuto, quotidianamente, e, allo stadio avanzato, avrà bisogno di attenzione e di cure 24 ore su 24.

È appunto questo grado di dipendenza che è determinante per il mantenimento a domicilio e la situazione diventa ancora più complessa se il malato vive solo.

Dopo gli 85 anni, si stima che quasi un terzo della popolazione sia affetta da questa malattia. Si tratta di una tendenza generale, in linea con il fenomeno dell’allungamento delle prospettive di vita, comune a tutto il Continente. La malattia di Alzheimer è indubbiamente la forma di demenza più frequente ma ne esistono di altre forme: circa il 22% delle demenze riuniscono la malattia di Pick, la demenza del lobo frontale, la demenza a corpi di Levy, la malattia di Creutzfeld-Jacob e altre forme più rare.

Il malato necessita regolarmente di medicamenti e cure. A causa dei problemi di memoria (memoria a breve termine, memoria procedurale, memoria di lavoro) che con il decorso della malattia diventano sempre più ingravescenti, la gestione del quotidiano diventa quasi insormontabile .

L’area della comunicazione (produzione e decodificazione dei messaggi verbali) è altresì intaccata dalla malattia (agnosia, disprassia) e la persona colpita, sempre più ripiegata su se stessa é spaventata da una realtà che diventa sempre più estranea perché impossibilitata a darle un senso, un significato condiviso. Questa condizione influisce inevitabilmente sull’umore ed è alla base di comportamenti che possono sfociare in iperattività (wandering), aggressività, ma anche apatia.